Blog

LE MIE RAGIONI

Scritto da Arch. Walter Montagna.

Sento la necessità di un chiarimento con i miei concittadini sulle ragioni della rottura con l’attuale maggioranza e sulle motivazioni che mi portano, oggi, a candidarmi con una mia lista in contrapposizione a quella di Barbetti/Gelsi.

Gli avversari hanno esternato ripetutamente quella che pensano essere la causa o meglio quella che vogliono far credere, per ovvie ragioni, sia la causa del contrasto.

Ritengo doveroso, quindi, a questo punto e prima di iniziare un serio confronto politico che sarebbe opportuno si riportasse su un livello di rispetto reciproco delle controparti (al momento le tante esternazioni avversarie si pongono su un piano che rasenta il limite della diffamazione), raccontare ai capoliveresi la mia versione della vicenda.

Modi di intendere “l’amministrare” diversi, una diversa sensibilità personale, un diverso approccio con il cittadino, un diverso concetto di correttezza e onestà intellettuale e infine, ma non ultimo, un diverso modo d’intendere la leadership all’interno di un team di lavoro (per me un leader deve motivare, esaltare e non sminuire le doti dei suoi collaboratori, non deve comandare ma orientare il gruppo per il raggiungimento degli obiettivi) non hanno portato a eclatanti scontri diretti, ma a fatti all’apparenza circoscritti (alcuni disaccordi, vari soprusi), che anno dopo anno, come gocce, hanno colmato il vaso fino a farlo traboccare.

Nei rapporti con loro, credendo fortemente nella bontà della causa di perseguire l’interesse del paese, sono sempre stato leale. Purtroppo, ho dovuto constatare nel modo di agire dei miei interlocutori motivazioni che esulavano chiaramente dalla sfera politica e programmatica volta a conseguire il bene della comunità e ho compreso di essere arrivato a un bivio e che era giusto intraprendere strade diverse.

Lungi da me entrare in inutili polemiche con la parte avversa, ma mi sento di rimarcare  che in questi 10 anni all’interno dell’amministrazione, il mio ruolo non è stato solo quello  di “alza mano” Mi sono speso come pochi altri hanno fatto nel portare avanti gli impegni di mia competenza nell’amministrazione e senza mai gravare sulle casse del Comune: in 10 anni (sfido chiunque a smentirmi) non ho mai richiesto un euro di rimborso spese, e sì che ne ho fatti  di viaggi a Firenze, Livorno, Piombino e ovunque fosse necessario, per presenziare, in rappresentanza del Comune di Capoliveri, alle varie riunioni e/o conferenze dei servizi per trasporti, sanità, istruzione e in ogni ambito fossero richieste le mie competenze.

Vorrei ricordare, inoltre, di essermi occupato negli ultimi anni anche del “sociale”, incarico per il quale non basta semplicemente un’alzata di mano, ma che ha bisogno di adesione interiore al valore ed impegno costante per essere concretamente attuato e che svela una parte della realtà capoliverese che forse alcuni ignorano.

Come candidato alla carica di Sindaco, vorrei avere, davvero, l’opportunità di confrontarmi con serietà su temi importanti per il futuro del paese con il mio diretto avversario, Andrea Gelsi, invece di perseverare sulla linea scelta dagli avversari basata esclusivamente su attacchi ad personam che non giova a nessuno e soprattutto non dà risposte ai nostri concittadini.

A chiusura di questa nota mi piace richiamare un passo di Italo Calvino tratto da “Romanzi e racconti” – che credo possa dare a voi elettori capoliveresi qualche spunto di riflessione in più:

“(…) Insomma, non potevano farci niente se erano così, se le cose che stavano loro a cuore non erano direttamente valutabili in denaro, se la loro testa funzionava sempre in base a quei vieti meccanismi che collegano il guadagno col lavoro, la stima al merito, la soddisfazione propria alla soddisfazione d’altre persone. In quel paese di gente che si sentiva sempre con la coscienza a posto loro erano i soli a farsi sempre degli scrupoli, a chiedersi ogni momento cosa avrebbero dovuto fare. Sapevano che fare la morale agli altri, indignarsi, predicare la virtù sono cose che trovano troppo facilmente l’approvazione di tutti, in buona o in malafede.

(…) Dovevano rassegnarsi all’estinzione?

(…) una controsocietà che non aveva mai avuto nessuna pretesa (…) ma solo di sopravvivere nelle pieghe della società dominante e affermare il proprio modo d’esistere a dispetto dei principi consacrati (…) forse sarebbe riuscita a persistere (…) senza altra pretesa che di vivere la propria diversità, di sentirsi dissimile da tutto il resto, e a questo modo magari avrebbe finito per significare qualcosa d’essenziale per tutti, per essere immagine di qualcosa che le parole non sanno più dire, di qualcosa che non è stato ancora detto e ancora non sappiamo cos’è.”

Arch. Walter Montagna

Sito Realizzato da Simone Galli - www.Elbalab.it